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 Nino Grasso   Poeta del Poro

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   File audio in caricamento - Durata della recitazione 6' e 21'' - Il Primo Canto dell’Inferno in dialetto calabrese di Nino Grasso, tratto dalla sua opera "L'Inferno... in Calabria" e recitato dallo stesso autore. Durata della recitazione 6' e 21''

Nino Grasso   di Tommaso Prestia

Nino Grasso è nato nel comune di Briatico, in provincia di Vibo Valentia, il tre del mese di aprile 1920. I suoi titoli di studio sono due maturità: quella classica e quella magistrale. Si laureò in giurisprudenza.

Preferì dedicarsi all’insegnamento, per non allontanarsi dal paesello natio. Ma più tardi fu giocoforza trasferirsi a Roma per gli studi dei figli, dato che in Calabria mancava ancora l’Università.

Prestò servizio presso il Provveditorato agli studi della capitale, come funzionario. Nel frattempo conseguì l’abilitazione all’insegnamento della Psicologia Sociale. Una volta in pensione, fu subito richiesto, in qualità di preside, presso l’istituto commerciale, legalmente riconosciuto, di Monterotondo, in provincia di Roma, dove vi rimase per otto anni.

Ha all’attivo affermazioni letterarie e musicali. Ha collaborato a diversi periodici e riviste. Ha vinto un premio per il Sonetto italiano, inserito nell’antologia omonima in due volumi.

Ha portato a termine il portentoso lavoro di traduzione in dialetto calabrese dei 34 canti dell’Inferno di Dante che intitolò "Inferno... in Calabria". Presso l’editore Lo Faro di Roma ha pubblicato il romanzo umoristico-satirico "The chimica progress, ovvero il Trionfo della Chimica".

In campo artistico ha coltivato l’hobby della canzone, riscuotendo successi in Italia e all’estero: fino al terzo premio conseguito in Australia, a Melbourne, con la canzone satirica "Strip-tasse" (le tasse che si spogliano) su musica di Rollo e inserita nella musicassetta "Canzonissima '90".

Ha partecipato al Festival della canzone di Vibo Valentia che si è svolto per 10 anni di fila dal 1953 al 1962 in veste di scrittore di testi. Nell’edizione del 1957 si è classificato in prima posizione con la sua canzone "E poi si fece sera" composta da Nino Grasso stesso in collaborazione con Serrao e cantata da Luana Sacconi. Il premio ricevuto è stata la coppa dell’Agosto vibonese. I più noti e grandi artisti in quegli anni corsero a Vibo come correvano a San Remo: i due festival si equivalevano.

Fra i più grandi basta ricordare la presenza dell’immenso Totò in veste di autore. Nilla Pizzi, Gloria Christian, Paolo Sardisco, Luana Sacconi, Carla Boni, Betty Curtis hanno inciso le sue canzoni con le prestigiose orchestre dirette da: Franco Chiari, Gino Conte, Nello Segurini, Pippo Barzizza, presso le case discografiche più affermate: R.C.A. Polyodr della Siemens, Cetra, Colombo.

Nel campo dello spettacolo presentò nel 1956, nel più frequentato teatro di Messina, una commedia musicale, in collaborazione con Franco Tripodo con le musiche di Vincenza Oliva, titolare della E.M.O (edizioni musicali Oliva). Inutile aggiungere che il successo riportato fu più che soddisfacente. Le componenti di tutta la produzione, in versi e in prosa sono: la vena scherzosa, la satira, l’umoristica, la comica, l’amore per il bello e il rispetto per tutto ciò che è buono.

La bellezza e la bontà attraggono sempre Nino Grasso e lo commuovono. Il carattere che risulta dalle sue opere è il seguente: uomo del Sud, egli nasconde le sue emozioni dietro una battuta spiritosa e va oltre; ha il pudore dei propri sentimenti, vela i suoi sentimenti e i suoi crucci. E non è sempre facile cogliere tutti questi tesori di affetti e di ricordi. Di fronte al male ha un atteggiamento di compassione, quasi che, erede dei filosofi della Magna Grecia, lo consideri teologicamente inserito nella vita e nelle cose del mondo.

Non sopporta, e non riesce a superare con il sorriso bonario, la stupidità cieca e boriosa di chi opera per arrecare un danno agli altri.

Calabriàtico   di Nino Grasso

Briatico comincia proprio là

dove la Calabria termina il suo nome !

la bi, la erre e poi la i con a

son coda a questa, all’altro fan da chiome.

Dal che se ne deduce chiaramente

che il primo è figlio di cotanta madre;

del padre non c’importa, è sempre assente

e non è detto che ci serva un padre.

Briatico, si sa vive in marina;

s’affaccia pigramente sul Tirreno

e guarda, dalla sera alla mattina,

che Pizzo non rimanga senza freno

assicurandosi che la montagna

lo tenga fermo e con affetto al seno...

Intanto ride intorno alla campagna

che dà cipolle, pomodori e fieno.

Io vi son nato e lì cresciuto;

ma su in collina dove son cantati

i fatti di San Giacomo, patrono;

dove si fanno ancor pitti filati

Le prime luci con le prime voci

che vidi e intesi sono in quell’ambiente,

coi primi affetti e con le prime croci...

E’ qui che torna il mio persier sovente !

Come scordare il bivio di Spataro

dove dovevi scegliere se andare

verso Tropea oppur per Catanzaro ?

un bivio che mi dava da pensare

perché dall’una e pur dall’altra parte

volevo andare nello stesso istante.

Son anni che oramai io sto in disparte.

Quanti ricordi... perché son distante !

Mi voglion tutti bene in quel paese

e anch’io per tutti porto tanto affetto...

"Marchesa, come mai senza marchese ? "

era la mia battuta a grande effetto, 

quando l’amico m’invitava a cena

ed io giungevo e lui non c’era ancora,

ma lo scusavo: sarà andato a Vena;

e poi si presentava dopo un’ora.

Mi stuzzicava perché conosceva

il buonumore che dà vita ai morti

e che spontaneamente mi nasceva

da quando avevo i miei calzoni corti...

Briatico, la Torre, al scogliera...

Vi vedo sol d’estate per un mese.

Vorrei che fosse sempre primavera

perché dopo è l’estate, e sto al paese !! 

Nino Grasso da Il Grande Fardello e La via crucis del contribuente italiano

La poesia è dedicata a Briatico, suo paese natio che Egli intitola Calabriatico.

Tommaso Prestia

Lettera a Dante

O padre Dante, o padre Dante, aleppe !

Io vengo a dirti in versi, in terza rima,

che Italia nostra ha le bisacce zeppe.

Passano gli anni e siamo come prima

chè ancora adesso siamo a quel livello.

La lingua nostra ormai più non si stima.

“Non donna di provincia, ma bordello”

dicesti allora, ed erano tempi astrusi.

Oggi, purtroppo, non puoi dir ch’è quello

da quando il parlamento ce li ha chiusi !

Dicevo della lingua, Dante caro:

della grammatica son persi gli usi

e tu, che della lingua fosti il faro,

sei diventato ormai tizzone spento

perché lo stile tuo s’è fatto raro.

S’assiste ognora al suo morire lento:

in radio, tele, disco, nastro e carta

quel poco ch’è rimasto è macilento;

ogni frase ha bisogno della sarta

che ripari il tessuto sfilacciato.

Quel ch’era buono oggi da noi si scarta.

Il “discorso” è rimasto senza fiato:

basta sentire il povero aggettivo

che non può far vantare il suo casato.

Esprime zero il suo superlativo

che fatica, con protesi imprestata,

per far figura accanto al detersivo;

per ognuno di questi s’è inventata

una mistura stragrammaticale

che si stenta a capire ove sia nata.

Passando, poi, nel campo musicale

sparisce interamente l’italiano

e la babele è pressoché infernale.

Si canta ormai soltanto americano

e tutti fanno finta di capire:

come quel cane di un marchio lontano

che, accovacciato, stava lì a sentire

dalla tromba la voce del padrone

senza sapere che volesse dire.

E se quelli dal cul fanno…trombone,

batton le mani questi provinciali;

e tu saresti stato un gran coglione.

Poniamo fine a questi nostri mali:

ognuno di noi ritorni a quell’idioma

che da nobile madre ebbe i natali !

L’aggettivo, riprenda la sua chioma;

le frasi nobili, che son sempre belle,

non devono sopportar alcuna soma.

Tutti in tripudio, un suon di man con elle

per rivedere il bell’azzurro Italia

e, quando è notte, rimirar le stelle !

 Tratta da “ Il grande fardello e La via crucis del contribuente italiano”

Lettera dall’America

Lui:

“Fidanzata mia diletta,

questo cuore batte in fretta

perché vuole ritornare

con quei grossi bigliettoni.

Ma con questo orari e fusi

Qui si resta un po’ confusi:

mentre tu fai il carnevale

io mi faccio il ferragosto.

Poi, c’è un grosso inconveniente:

non s’incassa proprio niente

nel Paese degli Incàs

e non posso ritornare...”

Lei:

“Fidanzato mio diletto,

son dieci anni che ti aspetto:

non ti vedo ritornare

con i grossi bigliettoni.

Hai ragione se col fuso

tu ti senti un po’ confuso:

sì, festeggia il ferragosto:

io mi faccio il carnevale.

Mentre scrivo, siede a lato

il mio nuovo fidanzato

e domani avanti al prete

noi diremo il nostro Sì !

Tu rimani pure a Quito:

io non sto senza marito ! “

Tratta da “ Il grande fardello e La via crucis del contribuente italiano”

Il soggetto, adattato alla musica di Monari, conquistò il primo premio assoluto nel concorso dell’editore milanese Erminio Rattazzi - 1954

Sonata a Dante

Sonetto

Tanto scurrile e disonesta pare

la donna tua quand’ella non saluta.

Sta sempre zitta, ma se parla sputa,

ch’io non ardisco più di la guardare.

Ella se stessa vole laudare

dicendo ch’è la sola ben vestuta:

e va dicendo che se n’è venuta

da celo in terra sol per se mostare.

E’ civettuola avanti a chi la mira

e presto o tardi gli rapisce il core;

ma questo non lo sa chi non la prova.

Si move piano e par che non si mova;

senza contegno e senza un fil d’onore,

ti salta addosso e senti che sospira...

 

 

Nino Grasso da "Il Grande Fardello e La via crucis del contribuente italiano"

Tommaso Prestia

da

Conidoni

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" Venite, venite, - vendiamo di tutto !

Vendiamo tappeti, - bicchieri, prosciutto;

vendiamo l’antico, - le cose più rare,

perfino le mosche, - pidocchi e zanzare.

Vendiamo di giorno, - ma pure le notti.

Vendiamo pomate, - misture e cerotti.

Non siamo sfinite, - non siamo mai stanche.

Vi diamo diete, - snelliamo le anche,

puliamo le unghie – con taglio perfetto,

puliamo ogni cosa – perfino il culetto.

Volete la maga – che veda oltre il muro ?

Ne abbiamo a migliaia; - l’avrete, sicuro !

Per farvi convinti – usiam gli aggettivi,

li usiamo soltanto – se non possessivi:

così a casa vostra ! – portiamo di tutto:

quel vostra vi allieta, - vi toglie dal lutto

che il cuore vi oscura – perché c’è lo sfratto:

diciamo ch’è vostra ! " – Il gioco è ben fatto...

Racconta il Vangelo – che un giorno Gesù,

che aveva pazienza, - non l’ebbe poi più

e tutti i mercanti – cacciò via dal Tempio:

avevano fatto – del luogo uno scempio !

Adesso del cielo – ne han fatto un mercato,

perfino quel luogo – è stato occupato...

Assente la Legge, - neppure c’è Cristo...

La vendita è sacra ! – Più santo è l’acquisto !

E questo è progresso ? – Guardiamoci in volto:

ma siamo davvero – gran popolo colto ? ...

Nino Grasso da " Il Grande Fardello e La via crucis del contribuente italiano "

Tommaso Prestia

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Conidoni

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