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Motta Filocastro
Oggi è una importante frazione del comune di Limbadi, ma fino a 173 anni
indietro fù la sede storica dell'attuale Comune ed ha avuto un ruolo
importante nella geografia politica feudale fino agli inizi
dell'Ottocento;
precisamente nel lontano 20
marzo 1829, un decreto a firma di Francesco I re del Regno delle due
Sicilie, stabiliva che la sede municipale doveva essere trasferita a
Limbadi, che ne divenne capoluogo il primo gennaio 1830.
Ne conseguì che negli anni successivi si formò un movimento separatista
da parte dei mottesi sostenuto anche dagli abitanti delle frazioni di San
Nicola de Legistis e Mandaradoni per il ripristino della situazione
precedente, che comunque non raggiunse l'obiettivo prefissato.
Come atto di sensibilità e di doverosa attenzione verso la comunità di
Motta ormai ridottasi a poche centinaia di abitanti, il sindaco Pantaleone Sergi, anche in rappresentanza dell'amministrazione comunale, ha convocato
per il 15.07.2002 il Consiglio Comunale nella storica frazione per la
prima volta dopo 173 anni.
Il Consiglio si è svolto nella sala dell'Istituto della Suore
Missionarie del Verbo Incarnato, uno dei principali punti all'ordine del
giorno riguarda il recupero e la valorizzazione della storia e della
cultura di Motta Filocastro, che negli ultimi tempi ha conosciuto lo
spopolamento e l'abbandono.
- Scopo del recupero di questo patrimonio storico-monumetale è quello di
attivare iniziative produttive (turistiche) che possano attrarre anche una
nuova popolazione residente; avendo già da parte dell'amministrazione di
Limbadi individuato i primi interventi di riqualificazione come la
pavimentazione e un adeguato arredo urbano, nella prospettiva immediata di
una progettazione complessiva. |

Il Borgo medievale di
Motta
Filocastro
di Maria Francesca Barone
Il paese di Motta Filocastro, nel complesso
urbano rappresenta, quasi integre le caratteristiche medievali che
rappresentano in Calabria un’interessante rarità.
Il paesino è arroccato su una collina a 362 m
sul livello del mare, secondo lo storico nicoterese Adilardi, il nome
di questo paese è composto da Motta, Filos e castrum che significa piccolo
ma delizioso paese eretto su un monte e adatto alla difesa.
Le sue origini, come risulta da varie scoperte
archeologiche si possono collocare tra il VII e il V secolo a.C. ad opera
dei greci di Locri. Il villaggio assume l’aspetto di agglomerato urbano vero
e proprio alla fine del 500 divenendo popolato fra il 946 e il 953, epoca in
cui gli abitanti di Nicotera si trasferiscono in massa nei paesi
dell’entroterra a causa di incursioni dei pirati saraceni. Il centro era
circondato da mura che ne garantivano la difesa. Tre grandi porte, la più
grande si chiamava porta dell’Olmo, la sera puntualmente venivano chiuse per
evitare ai signori e ai cittadini spiacevoli sorprese. Le case, di stile
antico, sono addossate le une alle altre, secondo una tecnica consueta nel
medioevo. Molte abitazioni non hanno fondamenta e poggiano le strutture di
base su una dura e compatta roccia di colore rossastro: "pirrera".
Nei vicoli interni sono ubicati case cadenti e antiche, danneggiate dal
tempo e dall’incuria, che conservano ancora i piccoli balconi in ferro
battuto, i portali in granito e le scalette esterne.
Il paese visse il momento di massimo splendore
sotto la dominazione normanna, quando il conte Ruggero d’Altavilla fece
costruire un castello con dodici torri e fece cingere la città con alte
mura, di cui ormai rimangono pochi resti (oggi esiste un pezzo delle mura e
qualche pietra).
Oggi esistono i nomi di alcune strade e contrade
che ricordano luoghi ed eventi del passato di Motta:
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Via Castello – indica la strada che un tempo
saliva al castello,
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il Giardino della corte – la fontana vecchia –
che è l’unica sorgente alla quale si approvvigionava di acqua la
popolazione, era certamente il luogo dove c’erano gli orti del castello,
-
la Giudecca era il quartiere dove vissero gli
ebrei fino al XII sec.
-
La Pietra di Fabio è il masso di granito sul
quale fu decapitato il malvagio principe Fabio
-
La Porta dell’Olmo porta principale del paese
Fra i luoghi da visitare abbiamo la Chiesa di
Maria SS. Della Romania, costruita tra il 1628 e il 1748 in stile
barocco, edificata sul luogo dove tante volte era stata vista in sogno la
Madonna di Romania, a sinistra della facciata abbiamo una torre campanaria
con orologio, mentre l’interno a due navate è abbellito da fregi e stucchi,
sull’altare, inserita in un elaborato complesso marmoreo, trova posto la
statua della Madonna di Romania, raro esempio di Vergine nera. All’interno
della chiesa troviamo un antico fonte battesimale.
Dal punto di vista storico abbiamo la
testimonianza del Tocco un bellissimo balcone con vista mozzafiato
sulla piana di Gioia Tauro. Tocco significa "sedile di nobiltà" e riflette
gli echi di un’epoca caratterizzata da grande crescita civile, fu edificato
all’inizio del XIII sec. In coincidenza con la rinascita economica del
paese. sul cancello del Tocco c’è una corona sormontato da una croce,
l’ingresso invece è reso importante dalla presenza di due belle colonne granitiche, dette
"colonne infami" perché ad esse venivano legati i malfattori perché
subissero punizione stabilita. Il luogo venne abbellito con sedili di marmo
fatti venire appositamente da Napoli. Secondo la tradizione, ai tempi della
Repubblica, la vita civile e la giustizia venivano amministrate dai
gentiluomini e da 24 cavalieri di cappa e spada che qui si riunivano
ogni domenica. Il tocco ha conosciuto secoli di abbandono e dio incuria.
Solo nel 1912, dietro le continue proteste degli intellettuali del paese, si
fecero dei lavori di restauro, che però rovinarono l’architettura originale,
classicheggiante ed austera.
Chiesa dei Sacri Cuori di Gesù e Maria,
costruita nel 1647. l’interno ha un’unica navata semplice, sull’altare
maggiore abbiamo una splendida tela dell’artista Russo. Sul soffitto in
legno, spicca un dipinto del Montagnose. Nella chiesa è custodita la statua
dei santi Cosma e Damiano, opera seicentesca in legno di scuola
napoletana.
Nelle campagne a nord est del paese, in località
Braghò immersi in una fitta vegetazione vi sono i resti del Monastero di
San Giovanni edificato dai monaci brasiliani intorno al IX sec., nelle
vicinanze si trova una grotta scavata nella pietra che probabilmente è stata
l’abitazione del primo monaco vissuto da eremita due secoli prima, le rovine
dell’impianto del convento evidenziano grosse e fortificate mura realizzate
con pezzi di pietra calcarea e mattoni d’argilla, materiale assai abbondante
in zona.
Il Convento Francescano – S. Maria della Neve fu
edificato nel 1535 a cura di P. Ludovico Cumì da Reggio Calabria, ideatore
della riforma Cappuccina in tutta la Calabria il quale fece diversi miracoli
e predisse avvenimenti drammatici che puntualmente si verificarono. Il
Convento fu abbandonato nel 1780 per mancanza di sicurezza dai fabbricati e
i monaci furono trasferiti nel convento di Rombiolo. Il Convento fu
distrutto completamente dal terremoto del 1783, ma rimangono molti ruderi
che sono meta di pellegrinaggio il 2 Agosto, in occasione del perdono di
Assisi.
Santuario della S. Croce. La chiesa di monte di
S. Croce prende il nome dal colle sul quale sorge e dove anticamente vennero
reperiti una croce e dei ruderi sacri. La facciata della chiesa è
semplicissima con portale inserito in una struttura muraria leggermente
aggettante. Sull’altare è stato sistemato un crocefisso portato intorno alla
metà del XX sec. Da Madre Giovanna F.sca Ferrari, fondatrice dell’ordine
francescane del verbo incarnato.
Motta possiede una croce d’argento del XVI sec.
Finemente lavorata, alta 50 cm ed ancora molto bene conservata nonostante le
vicissitudini. Essa fu regalata alla chiesa dai Pignateli, i feudatari che
possedevano a quell’epoca gran parte del sud-Italia, in occasione del
matrimonio di un figlio del duca.
Per molti anni è stato ignorato il suo valore e
veniva conservata in sacrestia. Quando fu consegnata al vescovo di Mileto
che la fece esaminare, si è scoperto trattasi di uno dei soli tre esemplari
esistenti al mondo; da allora la croce è stata portata in varie città
d’Europa per essere esposta insieme alle altre due simili che si trovano in
Spagna. Motta Filocastro l’ha potuta avere in occasione della festa della S.
Croce il 3 Maggio. La croce d’argento è scolpita su tutte e due le facciate
dal maestro di Longobucco. Su una facciata si trova al centro l’agnello
simbolo di cristo, alle estremità dei bracci i simboli dei quattro
evangelisti: in alto l’aquila, simbolo di S. Giovanni, a sinistra il leone,
simbolo di S. Marco, alla base l’angelo simbolo di S. Matteo e a destra il
toro simbolo di San Luca. Sull’altra facciata si nota la mancanza di Gesù
Crocifisso, smarrito in circostanze sconosciute… Ai lati ci sono la Madonna
e San Giovanni , ai piedi un teschio, simbolo della morte e in cima un
angelo con le braccia protese in atto di accogliere Gesù. Attualmente non si
conosce il luogo dove la croce è custodita.
Da una
Ricerca svolta dalla Prof.ssa Maria Francesca Barone |